Edilizia, i recuperi «green» cercano stabilità


FONTE: http://www.casa24.ilsole24ore.com

pannelli solariSi moltiplicano i canali di finanziamento per le riqualificazioni energetiche in edilizia: ecobonus fiscali, certificati, bond, contratti di finanziamento o fondi europei. Gli strumenti per sviluppare il mattone green non mancano, ma le potenzialità non sempre vengono raccolte dagli operatori: la confusione normativa disincentiva gli investimenti e l’assenza di una filiera strutturata ostacola il business del risparmio energetico. Nelle nostre città il mattone è responsabile del 40% delle emissioni di anidride carbonica e tutti gli obiettivi, da quelli europei a quelli della Strategia energetica nazionale, partono da qui per raggiungere gli standard di efficienza. In base alla direttiva europea 2010/31/Ue, già recepita dall’Italia, i nuovi edifici che verranno costruiti dopo il 2020 (dopo il 2018 per quelli pubblici) dovranno essere «ad altissima prestazione energetica» con un fabbisogno energetico «molto basso o vicino allo zero».

A Smart Energy Expo, la fiera sull’efficienza energetica che si svolgerà a Verona dal 9 all’11 ottobre, si affronterà il tema della finanziabilità degli interventi più complessi: l’efficienza energetica è in cerca di un garante, di un sistema finanziario solido che permetta ai privati di sostenere investimenti complessi e alle imprese di farsi carico dei rischi in operazioni di recupero che coinvolgono diversi attori; che consenta di superare gli ostacoli legati agli elevati costi iniziali e ai tempi troppo lunghi di rientro, barriere per l’accesso al credito. Ad esempio, Germania e Regno Unito hanno messo a punto nuovi strumenti: basta pensare al fondo di garanzia Proklima del Comune di Hannover che cofinanzia progetti pilota di riduzione delle emissioni inquinanti (dal 1998 al 2012 ha assegnato 45milioni di euro) e il Green Deal inglese che nel 2013 ha messo sul piatto 600 milioni di sterline per un programma volto a finanziare recuperi di edifici privati (tramite isolamento dell’involucro, sostituzione degli impianti di riscaldamento, installazione di impianti rinnovabili. eccetera). In questo caso l’impresa (green deal provider) firma un contratto con i proprietari e i lavori possono essere realizzati senza che il cittadino debba “mettere mano al portafoglio”: le somme prestate saranno poi rimborsate a rate attraverso i risparmi in bolletta.

Le risorse ci sono, lo dimostra ad esempio l’annuncio della Banca europea per gli investimenti che metterà sul piatto fino al 2015 circa 6 miliardi di euro l’anno per progetti duraturi e di valore: «Gli strumenti finanziari a disposizione delle piccole e medie imprese e delle Energy service company già ci sono, quello che servono sono dei progetti validi», ha detto Andrea Tinagli, direttore per l’Italia della Bei. Anche Sace dal 2008 ha offerto garanzia per 3,5 miliardi di euro in settori di interesse strategico tra cui l’efficienza energetica e la Cassa depositi e prestiti sta studiando nuovi strumenti per favorire la filiera. «I fondi attualmente esistenti – ha sottolineato Sara Romano, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico – sono sottoutilizzati dalle nostre imprese e dalla pubblica amministrazione. La finanziabilità dipende dalla coerenza e dalla bontà dei progetti, che non possono però essere standardizzati e replicati rigidamente, ma devono partire da un adeguato e professionale check energetico dei singoli edifici per poi proporre l’applicazione di soluzioni ad hoc».

Tra le ipotesi in capo c’è anche quella dell’emissione di particolari bond, obbligazioni senza scadenza con un rendimento lievemente superiore a quelli del Tesoro, a cui hanno fatto ricorso aziende come Deutsche Bank: non costituiscono debito perché i capitali vengono impiegati in investimenti produttivi che garantiscono un ritorno economico in grado di compensare l’onere annuale derivante dalle cedole.

Il problema, in realtà, è che ad oggi in Italia (dove l’80% dei cittadini vivono in una casa di proprietà) la riqualificazione energetica nel settore civile è soprattutto il risultato di migliaia di piccoli interventi: dal 2007 (quando la legge 296/06 ha introdotto le prime detrazioni fiscali) al 2011 l’Enea ha registrato un totale di 1,3 milioni di pratiche per accedere agli incentivi (bonus del 55% e oggi 65%), di cui circa il 60% per la sostituzione di infissi. Ridotte, invece, le pratiche per interventi sulle chiusure opache (3%): «Si tratta di investimenti tecnicamente più complessi», afferma Mario Nocera, dell’Unità efficienza energetica dell’Enea. Tra pochi giorni saranno disponibili i risultati relativi all’anno fiscale 2012, che forniranno ulteriori indicazioni per l’evoluzione dello strumento di incentivo. Nonostante l’instabilità politica delle ultime ore, infatti, resta condivisa la volontà di stabilizzare l’Ecobonus e di correggerne alcuni meccanismi. «Stiamo lavorando – afferma Enrico Bonacci, del ministero dello Sviluppo economico – a un restyling delle detrazioni fiscali con nuovi criteri, come costi diversificati in base alle tecnologie e premianti verso quelle più efficaci». Sulla base dei dati raccolti, potrebbe essere valutata una riduzione dei tempi di rientro (oggi spalmati in rate per 10 anni) e l’introduzione di un meccanismo premiante. «Proporremo i possibili correttivi per ottenere migliori risultati in termini di efficienza energetica e di costo per le casse dello Stato», conclude Nocera.

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