FONTE: Il Sole24Ore
Alla vigilia dell’apertura odierna del Saie il presidente di BolognaFiere Duccio Campagnoli ha annunciato le date dell’edizione 2012 della manifestazione che si svolgerà da giovedì 18 a domenica 21 ottobre 2012. «Il Saie ritorna alle sue date storiche – ha detto – come richiesto da molti espositori, per continuare a realizzare a Bologna la grande fiera dell’edilizia in una versione rinnovata e attenta alle nuove tecnologie e all’esposizione di servizi e software per la formazione e il lavoro dei professionisti del settore»
Secondo Campagnoli «questa edizione 2011 dimostra, con una bella esposizione di tutte le tecnologie del cantiere, che Saie è la manifestazione italiana del settore edilizia e delle costruzioni. Vorremmo che con altre manifestazioni importanti, e peraltro con lo stesso come il Made di Milano (che si svolge negli stessi giorni, ndr), si sviluppassero sinergie positive per presentare, in particolare ai visitatori e ai buyer esteri, l’intero panorama del costruire Made in Italy».
Quest’anno il tema centrale della manifestazione è la riqualificazione. A questo settore è dedicato il convegno del 7 ottobre che si concluderà con la lectio magistralis dell’architetto e urbanista spagnolo Oriol Bohigas.
In materia di riqualificazioni «i dati disponibili- spiega Elena Molignoni, ricercatrice di Nomisma responsabile dei Programmi urbani complessi – sulle condizioni in cui versano singole abitazioni ed interi edifici confermano la straordinaria rilevanza, anche macroeconomica, che una politica tesa al generale perseguimento dell’obiettivo della qualità edilizia potrebbe avere». Basti pensare ai vantaggi conseguibili sul solo fronte energetico dato che, da recenti analisi di Nomisma Energia, risulta che nelle città, dove si consuma un terzo dell’energia italiana, è presente quasi il 60% del potenziale di efficienza energetica (trasporti esclusi, per la stima del fabbisogno manutentivo in Italia vedi i grafici a lato, ndr) .
Gran parte delle periferie costruite nel dopoguerra – un periodo durante il quale si è realizzato il 15% degli edifici a uso residenziale secondo gli standard dettati dalla contemporaneità – sono di scarsa qualità architettonica, funzionale ed urbanistica. Lo misura anche il dato censuario sullo stato di conservazione degli edifici residenziali dal quale risulta che i condomini realizzati in quel periodo (1946-1961) versano in condizioni di conservazione “mediocri” e “pessime” per una quota prossima al 30%. «Vale a dire – spiega Molignoni – poco meno di 500mila edifici, per un numero totale di abitazioni che potrebbe aggirarsi nell’ordine dei 10 milioni di unità.
«Nelle città – aggiunge Luigi Amedeo Melegari, presidente di Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Bologna – vivono il 70% delle persone del Paese e del pianeta. Le città competono fra di loro a livello nazionale e globale per attrarre persone, imprese, attività produttive e di servizio».
In Italia il successo di provvedimenti quali gli incentivi fiscali del 36% e del 55% ha concentrato l’attenzione delle ristrutturazioni/riqualificazioni sulla domanda singola e sulla singola unità immobiliare. La nuova strumentazione di intervento, rilanciata in modo organico al decreto legge sviluppo (numero 70/2011 convertito nella legge 106/2011) – cioè i cambi d’uso, le demolizione e le ricostruzione, i cambi di sagoma, le premialità e le delocalizzazione delle planimetrie aggiuntive con la possibilità di trascriverle – «necessita – sostiene Melegari – di un’interpretazione dinamica da parte della pubblica amministrazione – in particolare Regione e Comuni – e da parte delle imprese che debbono mettere in campo la loro creatività finanziaria – moneta urbanistica in sostituzione della moneta finanziaria che scarseggia -, progettuale – oggi le città invecchiano rapidamente ed hanno bisogno di rinnovarsi – e anche operativa, perché occorre lavorare per una nuova generazione di edifici e infrastrutture nuovi e riqualificati a consumo energetico quasi nullo, solidi sul piano statico, flessibili sul piano funzionale».
Da ultimo, la riqualificazione dell’esistente (edifici ed aree produttive militari e ferroviarie dismesse) «deve accompagnarsi – conclude Melegari – allo sviluppo contemporaneo delle aree libere cosiddette interstiziali, con la finalità di rendere il sistema città più efficiente. E anche Bologna e l’Emilia Romagna debbono porre al centro della riflessione urbanistica queste tematiche in modo innovativo».